Vecchia Udine: una piazza bella diventata brutta

di Renzo Valente

A proposito di piazza Venerio, la più bersagliata fra le piazze udinesi dai malumori dei cittadini che ne lamentano l’impropria sistemazione realizzata dopo la costruzione del parcheggio sotterraneo, stuzzicati dall’attualità dell’argomento e prima che vi facciano sopra, come promesso, il Palazzo di Ghiaccio che ci esporrebbe al rischio di farcelo sgocciolare addosso, azzardiamo qualche notizia storica e ambientale che riguarda direttamente la piazza e alcun strade, ad essa interessate.
Collocata in pieno centro storico, nelle immediate adiacenze della chiesa metropolitana, piazza Venerio, che per molti anni, e fino al 1935, è stata sede del mercato all’ingrosso dei prodotti ortofrutticoli e pertanto luogo importante di traffici e di impegni economici, fa parte anch’essa di quel vivacissimo complesso di piazze monumentali, Duomo, Libertà, San Giacomo e Venti Settembre, a cui la città affida i maggiori interessi della sua vicenda quotidiana.
Attualmente delimitata dalle moderne costruzioni, alle quali deve una totale trasformazione, e condizionata, appunto, dal parcheggio sotterraneo, a cui si addebita una squallida pavimentazione, ne esce una piazza di aspetto pressoché incolore e scombinato e se non fosse per la nobile presenza della chiesa trecentesca di San Francesco che le reca un contributo di eccezionale prestigio, benché manomessa anche questa, desolatamente anonima. Niente è rimasto delle vecchie quinte e le nuove sono piuttosto discordanti fra di loro e nell’insieme non riescono a darle una cornice armonica e congeniale.
La Piazza porta, il nome di un illustre cittadino udinese. Girolamo Venerio (1778-1844) fu astronomo e meteorologo di grande fama. Fra i primissimi in Italia ad eseguire registrazioni meteorologiche, allestì un Osservatorio personale a Udine con filiale a Felettis dove, per quarant’anni, 1802-1842, registrò quotidianamente i dati che poi pubblicò nelle sue esemplari “Osservazioni”. E’ stato pure filantropo di squisita sensibilità e di larghe vedute. A lui e al fratello Antonio si deve l’istituzione della Casa di Ricovero di via Pracchiuso, originariamente chiamata Casa del Mendìco.
Sulla piazza escono dirimpettaie, tagliando entrambe la spaziosa via Savorgnana che la percorre sul lato orientale, le vie Calzolai e Beato Odorico da Pordenone, e proprio qui, alla conclusione della prima, esisteva la chiesa del Preposto di Santo Stefano di Aquileia dalla quale l’antica Calzolai prendeva il nome. Si chiamava appunto “Contrade di San Stièfin” ma fu detta anche “San Francesc”, dalla chiesa e dal convento dei frati francescani operanti nel quartiere. Era lo stesso fabbricato che più tardi diventerà l’ospedale civile “della Misericordia”. Anche questo, tuttavia, venuto meno, dopo tanti e tanti anni di pietosa dedizione, alle esigenze della Medicina moderna, sarà abbandonato ed ora, rimasto un malinconico avanzo di un’epoca tramontata, si è vendicato assumendosi, debitamente adeguato, l’importante veste di Tribunale della città. Via Calzolai si chiamò pure “di San Geròni” per la presenza di un altro ospedale, quello di “San Girolamo” o “degli Schiavi” che agiva in quella che oggi è la dimora dei conti di Prampero.
Ma perché via Calzolai? Ebbe il nome dei “Calzolai” perché in questo luogo aveva il suo ospizio la “Confraternita dei Calzolai”, una delle molte congregazioni del genere; una specie di società di mutuo soccorso, sparse un po’ ovunque in tutta la città.
Ha meno storia, invece, la dirimpettaia via Beato Odorico da Pordenone, anch’essa in funzione dell’antico ospedale della “Misericordia”. Si chiamò “di San Francesco”, “dei Battuti”, “da l’Ospedâl”. Nel 1923 fu dedicata al Beato Odorico da Pordenone Mattiussi, frate francescano missionario, nato nel 1286 e morto nel 1331, le cui spoglie sono ora custodite in un marmoreo sarcofago di alto livello artistico nella chiesa del Carmine, in via Aquileia, qui a Udine. Il Beato Odorico era stato un grande viaggiatore e un affascinante predicatore. Attraversò l’Asia dal Mar Nero al Giappone in sette anni di ininterrotto avventuroso cammino. Lasciò un libro, l'”Itinerario”, considerato di grandissimo valore scientifico e paragonato addirittura al “Milione” di Marco Polo.
Tornando in piazza Venerio, vediamo via Savorgnana proseguire per un breve tratto verso l’incrocio con via Gorghi, ripartendo dal quale si trasformerà in via Dante. Ma lasciatasi alle spalle la piazza, essa si imbatte con le successive strade minori di “Rauscedo” e di “Moro”, le quali vi si immettono con il rispetto e la devozione delle figlie per la madre.
Infatti, regina del quartiere, via Savorgnana è una madre eccellente, divide con esse e con le altre la notorietà, ma anche il peso del sempre più crescente, fervore di rinnovamento che alcuni negozi intraprendono ancora nonostante la paurosa recessione del commercio, e del conseguente movimento umano, e lo fa con lo stesso senso, di equità con cui ne divide la storia e le vicende del passato.